Pensiero e linguaggio nel Leopardi di Biscuso
Al termine della ricca (e colta) relazione di Massimiliano Biscuso intorno al rapporto tra poesia e filosofia in Giacomo Leopardi mi torna alla mente l’ormai classica immagine dello psicologo marxista Lev Semënovič Vygotskij circa l’intersecazione tra pensiero e linguaggio negli animali umani. Un’associazione di idee, nulla di più, e però una coincidenza suggestiva.
Avvicinandosi alla conclusione del percorso, durante il quale predilige lo Zibaldone e le Operette morali e infine una selezione di versi da La Ginestra, Biscuso riassume la sua tesi affermando che la relazione tra poesia e filosofia in Leopardi istituisce un terreno ibrido, sicché l’autore di Recanati sembra essere colui che pensa con i versi e nei versi mette pensieri. Il legame è di tipo circolare, non vi è nessuna priorità dell’uno elemento sull’altro e soprattutto la poesia non è il mezzo per esprimere una teoria. Si potrebbe dire: il pensiero di Leopardi è pensiero che diventa linguistico-poetico e la sua poesia è linguaggio che diviene intellettivo. In questa ottica Leopardi appare come il caso circoscritto ma esemplare di un fenomeno che appartiene all’esperienza media degli uomini.
Secondo Vygotskij (Pensiero e linguaggio, 1934, trad. it. Laterza, 1990), infatti, pensiero e linguaggio nell’Homo sapiens hanno sì radici genetiche differenti – l’autore registra infatti la presenza di forme linguistiche non intellettive (recitare un testo a memoria o esprimere un’emozione) e di sfere di pensiero non verbale (rudimenti di saper-fare utile a manipolare oggetti o a costruire strumenti oppure rudimenti di saper-agire atto a prendere mini-decisioni, a valutare e comparare situazioni e stati di cose) – ma la nostra storia naturale provvede a intersecare le linee di sviluppo di entrambi gli elementi fino a produrre il campo specie specifico del pensiero proposizionale. Quando pensiamo, pur in posizione solitaria e rimanendo muti, usiamo le parole; le stesse parole che adoperiamo allorché con voce altisonante intessiamo un dialogo per ragionare e pensare con chi ci sta di fronte. Il “noi”, per Vygotskij, viene prima dell’“io”.
In questa cornice non è del tutto fuori luogo concepire Leopardi, nella figura tratteggiata da Biscuso, in quanto preziosissimo materiale di studio per i teorici del linguaggio e usare le tesi di Vygotskij come solido impianto teorico per l’analisi del nesso tra poesia e filosofia, linguaggio e pensiero nell’opera del poeta.
Nota. Per approfondire è utile il volume di Biscuso pubblicato per manifestolibri alla fine degli anni '90 dal titolo Leopardi antitaliano. Oltre al lato polemico dell'autore, colto in rotta di collisione con gli usi e le istituzioni dell'epoca a lui contemporanea, emerge anche un Leopardi irriducibile tanto a lirico solitario quanto a pensatore pessimista e inattivo.
Scuola di altra formazione in filosofia "Mario Alcaro" - IV edizione 
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