Nell’evoluzione delle specie viventi la negazione compare solamente negli esseri provvisti di linguaggio verbale. Chi è capace di negare non è una pianta né un dio e neanche un animale privo di voce articolata. Perfino quel genio di Magritte non ha saputo trovare miglior soluzione al problema su come esprimere l’incongruenza tra l’immagine non linguistica della pipa e la pipa reale senza introdurre la parola “non” all’interno del quadro.
di Giacomo Pisani
La recensione dell’amico Angelo Nizza al mio Il gergo della postmodernità (Unicopli 2012, con prefazione di Augusto Illuminati) offre degli spunti interessanti per approfondire alcuni nodi cruciali del testo.
E’ vero, richiamarsi ad un modo di esistenza autentico, contrapposto a quello della postmodernità, comporta un rischio. Quello di delineare un modello assoluto di esistenza, di società o addirittura di natura umana, ipostatizzando il rapporto dialettico che collega individuo e storia. Non posso negare, però, di aver cercato ad ogni costo di evitare questa trappola.
Un vecchio criterio del materialismo storico afferma che l’animale umano, poiché non gli è dato di corrispondere con un ambiente univoco una volta per tutte, oltre a vivere è chiamato a riprodurre la vita. I tipi umani sono tali, cioè, da sposarsi, andare al bar e tesserarsi per un partito politico ma solo a patto di attrezzarsi per la sopravvivenza che non gli è affatto garantita fin da subito e per sempre.